di Vittorio Caracuta 2012
Parmenide, il grande “vecchio venerando e terribile” delle remote antichità greche, non aveva ragione: sia l’Essere può Non Essere sia il Non Essere può Essere. Lo sappiamo noi, che veniamo dopo che tutto è stato, nella Storia come nella cultura, e viviamo una realtà costantemente destrutturata e destrutturante nel suo rifiuto di consistere. Perì il sogno e l’illusione di potere costruire una realtà umana sotto il timbro della teoresi, nell’unità dell’incontraddizione. Ad uno schema logico possiamo, forse, rinunciare, ma quanto dei sensi e dei significati che rappresentano l’Uomo nella sua Umanità abbiamo invece perduto in questi anni? Armonia, Autenticità, Innocenza, Gioia, Condivisione, Verità, Amore e Bellezza della Vita e dell’Universo sono rinunciabili per davvero? Possiamo ancora considerarci veri senza le forze positive che hanno caratterizzato la nostra identità? E’ possibile un recupero? E l’Arte che ruolo può giocare in tutto questo, ora che i saperi non sembrano più accompagnarci dove abbiamo bisogno di arrivare?
Tutto ciò che esiste (e non esiste) per esistere (e non esistere) ha comunque bisogno di trovare forma e il concetto di Essere e Non Essere deve necessariamente misurarsi con quello di Forma e di Non Forma. Esistiamo solo in quanto ciò che noi chiamiamo Mondo, con le sue presunte oggettività, riusciamo a metterlo tra parentesi, nullificandolo in una forma che ci fa Essere, oppure in una Non Forma che ci fa Non Essere. Essere è la Forma che entra nell’Armonia, o la costituisce; la Forma che presenta il lato di collegamento per unire e realizzare e che infine noi definiamo “Bello”. Non Forma, forma vera del Non Essere, è invece ciò che disgrega, distrugge, divide, desertifica fuori e dentro di noi, diffonde inautenticità, non realizzazione, infelicità, e questo noi definiamo “non bello”.
Ogni nuova epoca, alla sua alba, comincia dall’Arte, dai simboli, dalle allegorie, dai miti, dagli “Universali Fantastici”, dalle forme del Bello che portano alla luce e al respiro i paradigmi della Civiltà e dell’umana convivenza. Fin qui l’Arte contemporanea è stata soprattutto testimonianza dello stato dell’Umanità, realismo peculiare, occhio aperto su ciò che l’Uomo poteva diventare, stava diventando e, molto probabilmente, è diventato. Oggi potrebbe alimentare la speranza di una rifondazione della “pianta uomo”, ritrovandone i fondamenti e trasferendoli nelle espressioni della nostra epoca. Ritornare alla Bellezza come Forma di ricomposizione del reale frantumato e conquista di un piano superiore al di là del puro limite fisico è l’orizzonte su cui si muove Mazzocca & Pony. Non si tratta di ripetere i canoni della Bellezza tradizionale, o classica, ma classicamente ritrovare la funzione dell’Arte di risolvere il Reale, volgendolo al positivo, e ridare Senso al Mondo, Vita ed Essere anche a ciò che nell’immediato ci appare non averne, o piuttosto appartenere all’universo buio della Fine. Poiché veniamo dopo tutto, e un po’ tutto è già accaduto, allora è possibile usufruire degli artifici e delle sperimentazioni più disparate con libera consapevolezza e piena libertà, senza ostentazione fine a se stessa, ma piegando ogni strumento all’esigenza pura dell’espressione. E Mazzocca & Pony di esperienze ne ha davvero fatte tante, versandosi in ogni tecnica e sempre protesa in una ricerca che non appare esauribile. C’è in lei un orientamento istintivo che la guida e le ha finora impedito di fermarsi. C’è l’irriflessa certezza che l’Arte possa approcciare la palingenesi di cui sente l’esigenza per sé e per le persone intorno a sé. E c’è un messaggio, che via via si fa più esplicito nei passaggi della sua carriera come nella sua storia personale: non possiamo rinunciare, non possiamo accontentarci delle evidenze banali, non possiamo fermarci alle negatività, dobbiamo ritrovare la Bellezza: l’Arte il potere di superare il limite può avercelo per davvero. E’ questa la tensione metafisica che porta l’artista sull’elastico del rapporto essere-non essere e forma-non forma, per esprimere finalmente il rapporto tra ciò che è stato e non può più essere, vita-non vita, spiritualità-materia. Materia è solo ciò che non è più, ma torna viva se ricompresa in un progetto nuovo, se posta tra parentesi e riformulata di essenza nel Bello.
Il volo dell’innocenza
Ecco allora la ricerca dei materiali, dei colori e delle forme, anche minimali, e dei riflessi stessi delle cose: riflessi nel senso di bagliori e giochi di luce motivanti ed allusivi e riflessi nel senso delle implicazioni di senso cui la sua arte conduce, esoterismi, ammiccamenti, allusioni, simbologie e volontà di liberarsi.
Nella serie “Abito Mentale” l’attenzione è tutta rivolta alla Persona che non riempie più le vesti, al vissuto evaporato di cui gli abiti in sé sono l’ultima traccia. Prevale il non esserci più, rifiutato però nell’ostinata ricerca dei barbagli di un’esistenza ulteriore, delle sue tracce presso di noi, per negare la negazione. L’Essere si fa liquido, magma lattescente, luce opalescente nella rigidezza di parvenze, il cui essere effimero resta superato da lampi di bagliori: spettro della luce come spettri umani ipostatizzati.
Le Ipazie, sculture e manipolazioni di senso al limite del dicibile, recuperano invece, nella complessità dei messaggi, uno dei miti più grandi dell’Essere in forma femminile, e in quanto tale ancor più negazione subìta da negare, per riaffermare l’esistenza di una donna che più di sedici secoli fa seppe dominare il mondo rarefatto della Filosofia, ad Alessandria d’Egitto: Ipazia, erede di Plotino erede di Platone!
Ritrovare la giustizia, ricostituire i pezzi stessi del corpo sminuzzato e bruciato della semidivina, uccisa per invidia, maschilista gelosia e pregiudizio religioso; liberare la libertà di pensiero fatta a brandelli e ricondurla nell’intero sublimante e sublimato è la missione di gentili forme spaziali, riempite di frammenti significanti: Bellezza nell’elezione spirituale e nel trasparire di questa elezione in fattezze femminili e nella sostanza immortale della saggezza ultramontana, anch’essa, in sé, luminosa e opalescente.
Il terzo tentativo è invece la dichiarazione evidente del valore di Spirito dell’Essere, è il reciproco di “Abito Mentale”: siamo finalmente alla Rinascita: dallo svanire della Persona all’ipotesi della sua ricostituzione nella vera identità. Dopo aver indagato le tracce minime intorno a sé, dopo aver rifiutato l’evidenza negativa, Mazzocca & Pony può ora ripartire dagli indizi infimi, da particolari che solitamente non registriamo, per ritornare al Volo dell’Essere, per ritrovare il reciproco perduto di ciò che siamo e ridargli vita, giocando tra il Tutto Pieno e il Tutto Vuoto. La palingenesi sarebbe compiuta, quindi, nell’opera d’arte e con essa si compirebbe l’affermazione del nostro essere nella sua inseità di pura spiritualità ed essenza. Si tratta di un’Arte mista tra scultura, pittura e uso di materiali variamente connessi tra di loro. E’ una tecnica matura, perché liberamente attinge a tutti gli strumenti fin qui adottati, facendo loro perdere il valore di artifici grazie alla politezza luminosa della forma. L’elemento prediletto sono ora i calzini, trattati in modo speciale, compattati con una scheletratura metallica rigida, per divenire i “mattoni” vivi da cui ripartire, rendere visibile la nostra verità e trasferirla nell’universo ideale, in cui possa finalmente liberarsi e risolversi. Calzini come cellule e molecole, “mattoni” del divenire nuovo, ma su sfondi luminosi e interminati, sapientemente organizzati intorno alle opere. Calzini come inezie che improvvisamente diventino gli scalini per il ricomporsi della vita verso il cielo e calzini di bambini, soprattutto, perché solo dall’innocenza può ricominciare l’innocenza libera dell’Essere.Ed ironia, nelle immagini che dal sesso trasferiscono alla purezza della vita nel suo presentarsi purificato attraverso il sesso medesimo. E gioco, gioia di creare e misurarsi con simboli artistici che non hanno tempo.
Il “labirinto” – Omaggio a Coubert
Così il Labirinto domato nelle sue minacciose valenze, diviene un semplice filtro del passaggio dell’uomo da questa parte dello Spazio e in reciprocità pacifica con l’altra parte dello Spazio: sta alla sensibilità dello spettatore scegliere quale dei due sia il Tutto Pieno e quale il Tutto Vuoto. E distende il proprio volo, sollevato da ogni peso, l’aligero simulacro dello Spirito, oppure aeree nuvole di enti rigenerati pullulano e si sospendono ad addensare l’aperta immensità.
Il grande Giambattista Vico pensava che si potesse traguardare nella trasparenza opaca la struttura metafisica dell’Essere, qualora ne partissimo alla ricerca e sapessimo spostare la nostra attenzione dalle cose effimere del mondo materiale alle cose essenziali e davvero importanti. Non ci stupisce, anche Vico era erede di Platone, come Plotino e come Ipazia: ancora nel pieno del XXI secolo, per l’uomo ciò che veramente conta è la ricerca di se stesso dentro e fuori di sé, la ricerca con la quale Mazzocca & Pony non ha smesso di misurarsi e che l’Arte non ha smesso di evocare.